La moda

Che cos’è la moda?

In tanti pensano che la moda sia solo frivolezza e apparire, e invece per tante di noi, forse per tutte, il modo di vestirsi è qualcosa che rappresenta una parte importante del nostro essere. E’ tutto ciò che esteticamente appare bello agli occhi e fa stare bene nell’animo.

La fashion week

La fashion week, ovvero, la settimana della moda è un evento dell’industria della moda, della durata di circa una settimana, che permette agli stilisti ed alle case di moda di presentare le proprie ultime collezioni ed al pubblico di realizzare quali siano le ultime tendenze. Le settimane della moda più importanti sono quelle che si tengono nelle “capitali della moda”: MilanoParigiLondra e New York. 

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La prima settimana della moda si è tenuta nel 1943 a New York, perchè a causa della Seconda Guerra Mondiale era diventato impossibile importare abiti europei, soprattutto dalla Francia. Nascono così le “Big Four” già citate: New York, Londra, Milano e Parigi. Ciascuna città ospita ogni anno quattro settimane della moda: due dedicate alle collezioni donna e due a quelle uomo.

 

La moda negli anni 20

Nel corso degli anni, la moda delle donne, ha subito dei cambiamenti. Negli anni ‘20 si vide il trionfo degli abiti corti e dei tagli di capelli ancor più corti. La pelle chiara era molto di moda e le donne si ricoprivano il volto di cipria, il trucco era appariscente.

La moda degli anni 20 è quella degli anni ruggenti, quella del dopoguerra, della rinascita; è un momento storico in cui si cerca di ricostruire, si mette fine alle ristrettezze, è un periodo in cui anche le donne si impongono, è l’epoca delle flapper girls

Le ragazze non sono più quelle di un tempo, desiderano studiare, iniziano a fumare e bere cocktail, le forme si assottigliano, non sono più le burrose tutte curve ma diventano sempre più filiformi, anche i capelli si accorciano, si utilizzano le cloche, cappelli dalla linea arrotondata, mentre, lo stile, diventa quello che si definisce alla ”garconne”

Per gli abiti anni 20 compaiono i pantaloni mentre le gonne e le giacche sono le prime ad accorciarsi, anche se, una breve pausa riallunga e allarga nuovamente gli abiti che per un breve periodo si presentano come tuniche dal taglio lungo e dritto.

Nella prima parte del decennio, la moda mondiale è influenzata dai ritrovamenti avvenuti nella tomba di Tutankamen. Gli abiti sono adornati da fantasie che richiamano le scoperte fatte in Egitto, arabeschi, colori vivaci e riferimenti alla simbologia e cultura egizia svettano un po’ ovunque prima di passare a un’eleganza universalmente riconosciuta, quella dei velluti e delle morbide sciarpe da portare al collo.

 

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Superato questo momento le donne tornarono a potersi sbizzarrire con abbigliamenti semplici fatti di fantasie, strisce, colori, ricami e stole; i vestiti iniziarono a evidenziare la vita, che veniva segnata per poi lasciare il passo a pieghe e volant.

La moda negli anni 30

Dopo la grande depressione del ’29 la moda diventa emanazione del suo tempo e, sotto l’influsso della crisi economica, sceglie di vestire la donna in modo più sobrio tornando a privilegiare le forme femminili.

Prese le distanze dalle linee più marcate e geometriche degli anni 20, gli abiti si fanno più morbidi e fascianti, le gonne si allungano sotto il ginocchio per il giorno e fino alla caviglia la sera. Rimane però di tendenza la grande rivoluzione degli anni passati: completamente sdoganato, il pantalone diventa un capo elegante.

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Grande protagonista torna ad essere il punto vita che, bistrattato per tutti gli anni ’20, è ora valorizzato da cinture, spesso utilizzate anche sui cappotti, rigorosamente lunghi al polpaccio. Le gonne erano accompagnate da camicie o maglioncini. Di giorno, l’eleganza trovava spesso il suo protagonista nel tailleur pantalone, con giacche strette in vita e spalle quadrate a causa di imbottiture interne nascoste.

D’inverno, le spalle delle signore vengono adornate da immensicolli di pelliccia, accompagnati da cappelli dalla visiera ampia.

Le misure cambiano anche per gli abiti da sera: lunghi e più fascianti sul corpo,
tali abiti si aprono a vertiginose scollature sulla schiena. Torna a essere protagonista il tacco alto.

Trucco e parrucco
Il trucco degli anni 30 privilegiava, senza dubbio, le labbra: un rossetto rigorosamente rosso, a corredo di un incarnato truccato con fondotinta dai toni molto chiari. Sugli occhi utilizza ombretti dai colori pastello e le ciglia allungate con il mascara nero.
L’acconciatura, era con riga laterale, i capelli vengono agghindati in larghe onde che, seppur non partendo dalla radice, incorniciano il viso in un’acconciatura quasi scultorea.

La moda negli anni 40

In questo periodo, erano usati soprattutto capi classici come il tailleur, vestiti segnati in vita con una piccola cintura o l’abbinamento di gonne aderenti come la pencil skirt e una camicetta, mentre i soprabiti più in uso erano le pellicce e i grossi mantelli dal taglio semplice e a volte scampanato.

La silhouette degli anni 40, era caratterizzata da camice e giacche con le spalline imbottite, una vita marcata e l’uso delle tasche che consentivano di trasportare documenti e denaro. A controbilanciare, c’erano le scarpe alte con suola a zeppa o tacchi cuneiformi in legno o sughero.

I capelli si usavano lunghi, leggermente ondulati verso le punte; non avendo molti mezzi per andare dal parrucchiere, li lasciavano crescere per poterli raccogliere facilmente.  Nella vita sociale invece, le donne giovani preferivano i capelli sciolti che gli conferivano una grande femminilità  alla figura. Icona di questo tipo di capigliatura fu la star del cinema Veronica Lake, chi aveva dei bellissimi capelli biondi e ondulati fin sotto le spalle. Chi però non aveva questa tipologia di capelli, doveva conformarsi con raccoglierli per esempio in uno chignon o nella pettinatura a “elmo” dove i capelli venivano fasciati attorno al capo; entrambi, molto in uso all’epoca.

 

In contrasto con gli abiti austeri e semplificati al massimo, i cappelli davano l’opportunità  alle signore di applicare tutta la loro creatività , essi avevano le forme più fantasiose, erano realizzati nei materiali più disparati e consentivano a chi le indossava di esibire un look con una nota di eleganza, nascondendo i capelli poco curati. Infatti, in questo periodo il turbante divenne di moda, esso poteva essere realizzato con un vecchio indumento e coprire la totalità  dei capelli.

Le gambe acquisiscono importanza grazie alle gonne più corte rispetto al periodo precedente, esse dovevano essere leggermente abbronzate. Con la guerra, le calze in nylon sono molto difficili da trovare e quindi si preferiscono o le calze corte (per le donne più giovani) o truccarsi le gambe con fard e simulando una cucitura sul retro con una matita per gli occhi.

Con la paura degli attacchi a sorpresa la gente si muniva di maschere antigas per adulti e bambini, mantelli con cappuccio e di tute spesso realizzate in seta oliata.

Famoso è il completo Bunker, disegnato dalla fantasiosa stilista Elsa Schiapparelli che preparava le sue clienti per ogni avvenenza.

Le donne parigine furono l’eccezione in tutto questo scenario di ristrettezze e privazioni; loro, che si vantavano di avere il primato dell’eleganza, continuarono a essere le donne meglio vestite al mondo. Senza avere conto delle restrizioni, svilupparono una linea stravagante, che prevedeva grande spreco di materiale in polsini e bottoni decorativi, maniche voluminose, capi drappeggiati e gonne a portafoglio.

 

La moda negli anni 50

Lo standard di bellezza degli anni ’50 prevedeva vita stretta, gonna ampia, schiena dritta e le spalle arrotondate. Dopo lo stile povero della seconda guerra mondiale le donne volevano di nuovo essere romantiche e sensuali. Così indossano volentieri le gonne vaporose, ampie, a ruota o mezza ruota con sottogonna voluminosa di tulle, simbolo di questo decennio. Torna in uso il corsetto dimenticato ormai da tanti anni.

Lo stile degli anni ’50 rimane per sempre il simbolo di estrema femminilità grazie allo stile New Look creato da Cristian Dior. Dopo aver mostrato al mondo le sue creazioni si annoiò velocemente di questa silhouette, e iniziò a proporre ogni anno linee di vestiti diversi, ma lo stile New Look continuava ad avere successo indipendentemente dal suo creatore.

 

Le gonne per le quali si usavano metri di stoffa erano un simbolo di benessere ed eleganza. La donna degli anni ’50 è sempre curata in ogni minimo dettaglio, si alza un’ora prima rispetto al resto della famiglia per truccarsi e rifinire la propria pettinatura con uno spruzzo di lacca. Per un pranzo a casa indossa un abito di velluto, dei collant e un paio di scarpe col tacco. Nel quotidiano andavano di moda l’abito-camicia, il completo gonna a pieghe stretta, o al contrario molto ampia, con la giacca e un filo di perle che non poteva mancare mai. Le scarpe potevano avere la punta sottile o leggermente a trapezio; il tacco era medio o alto che col passare degli anni divenne sempre più sottile fino ad arrivare al noto tacco a spillo. Per la sera le scarpe erano di raso e avevano una fibbia con degli strass. Negli anni ’50 erano molto diffuse le ballerine.

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Accessori importanti degli anni ’50 erano i guanti, le cinture che s’indossavano in vita o sui fianchi, i cappelli a tesa larga o i graziosi cappellini fissati sulle acconciature.

Andava di moda avere i cappelli biondi: corti, al mento o alle spalle.

 

 

La moda negli anni 60

Gli anni ’60: l’epoca che determinò i maggiori sconvolgimenti sociali, l’abbigliamento indossato che esprimeva alla perfezione il mood rivoluzionario che cambiò per sempre la storia dell’umanità. Dalla linea a clessidra si passò velocemente a quella trapezio, una linea meno costrittiva e più libera che permise una maggiore agilità e comodità. Gli abiti a trapezio spesso senza maniche, solitamente realizzati in stampe optical o geometriche, ma anche in tinta unita e in nuances più o meno vivaci, da abbinare magari a stivali dai tacchi altissimi, furono largamente apprezzati in tutto il mondo, divenendo velocemente un vero e proprio must.

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Negli anni ‘60, la società si trovò di fronte ad una vera e propria rivolta giovanile che rifiutava le convenzioni e i modelli conservatori e puritani, si andò contro ogni forma di autoritarismo e condizionamento e si cominciò a lottare e a sperare in un sistema politico, economico e sociale alternativo a quello capitalistico borghese. Il movimento rivoluzionario diede spazio ai giovani, non omologazione secondo rigidi schemi imposti dall’alto, ma finalmente libertà, anche sessuale.

La moda negli anni 70

Gli anni ’70 proseguono sulla potente scia di rinnovamento del precedente decennio e si aprono con una continuazione dello stile hippienato come movimento giovanile negli Stati Uniti nel corso degli anni sessanta e poi diffusosi in tutto il mondo. Sono anni di incredibile cambiamento caratterizzato da fermenti sociali, azioni di protesta per i diritti civili, che determinano il rimodellarsi di una società occidentale, in cui a trasformarsi è sopratutto l’immagine della donna.

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La parola «hippie» deriva da «hipster», termine utilizzato inizialmente per descrivere la comunità dei beatnik; gruppo di persone che avevano dato vita ad una controcultura con proprie regole; diedero il via ad una vera e propria rivoluzione sessuale, prediligendo la vita all’aria aperta, il contatto con la natura, l’uso di stupefacenti, al fine di vivere in una dimensione di assoluta astrazione dal rigido mondo circostante.

Con il termine figli dei fiori “flower power”si definiscono coloro che aderirono a tale movimento, prediligendo l’uso di abiti dalle tinte accese, decorati con fiori e stampe variopinte come le t-shirt tie dye. La T-shirt non fu più considerata come semplice indumento intimo, ma inteso come vero e proprio capo d’abbigliamento con cui veicolare idee e slogan politici. Molto apprezzate furono anche le bluse ricamate come le mexican blouse, o i pantaloni spesso jeans rigorosamente a zampa d’elefante. Molto amati furono anche gli abiti leggeri e fluttuanti (tuniche maxis), come le gonne in genere larghe e lunghe spesso fino alla caviglia. Infine famosi divennero gli hot pants, shorts in jeans, che lasciarono rigorosamente in vista le gambe. Gli accessori utilizzati, furono per lo più creazioni artigianali fatti di materiali naturali come il legno, o in metalli poveri, cuoio, decorati di piume e perline e riflettevano quel mix di culture e contaminazioni esotiche, con richiami allo stile Nativo Americano e a tradizioni diverse, da cui ripresero l’utilizzo delle headbands. Gli hippy esaltarono il loro ideale di pace e libertà in due slogan: “Mettete dei fiori nei vostri cannoni” e “Fate l’amore, non la guerra“, frasi che si propagarono nel periodo della guerra del Vietnam, tanto da influenzare l’opinione pubblica ed impressionare le pellicole di molti registi, nonché riuscendo a contagiare la musica di molteplici artisti.

La moda negli anni 80

La moda anni Ottanta è conosciuta per i suoi eccessi, le sue stravaganze in fatto di abbinamenti particolari e colori super accesi. Per non parlare dell’esagerazione di un lusso quasi eccessivo. Sono gli anni della corsa al successo in cui la donna acquista sempre più importanza e indipendenza, traguardi che si esprime in numerosi modi differenti: dallo stile scanzonati della Madonna di “Like a virgin”, a quello sicuramente più sobrio della donna lavoratrice.

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n quegli anni sia gli abiti che gli accessori venivano indossati con un’ostentata sicurezza. Le giacche erano oversize, indossate con grosse spalline e il blazer, il capo per eccellenza, portato con jeansa vita alta rigorosamente Levi’s 501. Protagonisti indiscussi erano poi i fuseaux, dai colori fluo o con stampe che potevano essere a righe, pois e lamè. Le gonne invece erano a balze in pizzo o tulle – spesso abbinate a fuseaux fino al ginocchio – corte e larghe con più strati che, anche in questo caso, giocavano con fantasie esagerate sia per forme che per colori. Le t-shirt, portate di color bianco con raffigurazioni di tutti i generi, erano solitamente extralarge e dovevano cascare morbide sui leggings.

Anche gli accessori erano un richiamo all’esagerazione, dove i bijoux si sovrapponevano senza senso. Grosse collane dorate, ad esempio, venivano portate con orecchini a cerchio di metallo abbinati a perle e bracciali di qualsiasi forma e dimensione; le cinture a vita alta erano solitamente di pelle nera con enormi fibbie o fusciacche maxi avvitate in vita; gli occhiali da sole giganti con dettagli geometrici e multi colore. La tendenza eyewear per eccellenza? I Ray-Ban a goccia con montatura sottile argentata o dorata. Per quanto riguarda le borse, di gran moda erano le pochette piatte e rettangolari con catenelle portate a tracolla o a mano, a seconda dei gusti

Make-up e acconciature

Decennio di eccessi anche per quanto riguarda trucco e parrucco. Negli anni Ottanti il make-up doveva essere esagerato sia nei colori che negli abbinamenti di assurdi ombretti fucsia, verdi e azzurri, con labbra delineate dal contorno di una matita e riempite da rossetti rosso fuoco. Per quanto riguarda i capelli, il volume era il must per eccellenza, da cotonature e permanenti. Le folte chiome venivano poi abbellite con fiocchi eccentrici ed esagerati, grosse fasce, cerchietti e mollette

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L’evoluzione della moda femminile

ABBIGLIAMENTO FEMMINILE
L’abbigliamento femminile dell’intera Europa, era legato alla moda francese. Il primo stile a coinvolgere l’intera popolazione fu lo STILE IMPERO (1800-1820). Nel primo ‘800 le donne indossavano vestiti con maniche corte ed ampie o tagliate e fermate sulla spalla da una fibula, la veste era fermata sotto al seno da un nastro o cordone annodato dietro, con ampie e profonde scollature che mettevano in mostra il seno, La gonna era lunga sino ai piedi, nella parte posteriore presentava uno strascico che veniva raccolto dall’avambraccio. Dall’ antichità classica furono riprese anche le calzature e le acconciature: sandali aperti e trattenuti solo da lacci annodati a metà polpaccio, chiamati «alla schiava» e capelli raccolti da un nastro e trattenuti sulla nuca da un morbido nodo.

800L’abbandono dello Stile impero, avvenne fra il 1820 ed il 1822. Gli abiti del PERIODO ROMANTICO (1820-1845) iniziarono a complicarsi e le caratteristiche che presentavano: la vita scende gradualmente al punto naturale; maniche a palloncino, cioè gonfie e voluminose; corpetto dell’abito staccato dalla gonna.
Inizialmente per gonfiare le gonne erano utilizzati numerosi strati di tessuto che formavano varie sottogonne: ben presto furono abbandonate perché appesantivano la figura e rendevano difficili i movimenti della dama. Le sottogonne furono dunque sostituite dalla prima tipologia di crinolina: un’unica sottogonna alla quale erano appuntate crine di cavallo e paglia. A questa seguì la crinolina costituita da cerchi di metallo leggeri ed indipendenti, tanto che permettevano alle donne di sollevarla per poter superare gli ostacoli incontrati durante il cammino. Infine fu brevettato dal francese Delirac un modello di crinolina in acciaio che con uno scatto faceva rientrare il volume della gonna rendendo agevole alle dame il passaggio attraverso le porte. La crinolina però aveva anche degli svantaggi poiché: la sua leggerezza poteva causarne il rovesciamento in occasione di folate di vento; non permetteva a due donne di varcare contemporaneamente una soglia o prendere posto in uno stesso divano; rendevano la donna fisicamente irraggiungibile all’uomo che non poteva così abbracciarla.

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Il periodo successivo al Romanticismo fu il NUOVO ROCOCÒ (1845-1865), esso vide un rapido processo involutivo della crinolina che, dopo il successo raggiunto nel periodo romantico, dopo il 1860 la portò a trasformarsi. La forma originale della crinolina fu trasformata: l’ampiezza dei fianchi si spostò infatti nella parte posteriore della figura. Il volume ed il drappeggio della parte posteriore della gonna furono dunque sostenuti dalla tornure, che consisteva prima in un cuscinetto di crine, poi in una balza di tela inamidata, successivamente in una serie di anelli a forma di ferro di cavallo.

Le gonne in questo periodo si fecero piatte davanti, con una stringa di tessuto che scendeva dalla vita e che serviva a rialzare la parte anteriore per evitare che la donna potesse inciampare mentre camminava; si mantennero ancora rigorosamente lunghe sino ai piedi, l’ampiezza del fondo era mantenuta e l’orlo era sottolineato dall’applicazione di balze di tessuto. Nella parte posteriore comparve lo strascico cioè una lunga coda che aderendo a terra raccoglieva lo sporco. Data la difficoltà di ripulire questa parte dell’abito, generalmente la parte terminale della gonna, a contatto con il suolo, presentava una striscia di tessuto di colore nero che serviva a rendere meno visibile lo sporco raccolto.

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Con il tramonto della crinolina a partire dalla seconda metà del XIX secolo la giacca cominciò ad avere grande successo, nella tipologia corta a bolero o lunga sino ai fianchi. Sempre aderente al busto e stretta in vita, venne mantenuta rigorosamente chiusa da una lunga serie di bottoni e con il collo alto e dritto poiché le donne non potevano mostrare la nudità del collo, del petto o delle spalle. Indumento che insieme alla giacca ebbe grande successo fu la camicetta, caratterizzata dall’applicazione di jabot, ruches e volants nella parte anteriore, in corrispondenza del petto in quanto doveva nascondere l’esilità del busto femminile e rendere questa parte del corpo voluminosa.

Nell’ultimo ventennio del XIX secolo comparve una nuova tipologia di abito, chiamato «vestito alla mascolina». Esso era costituito da una lunga gonna aderente, raccolta nella parte posteriore da una piega, stretta in vita da un’alta cintura e da una corto bolero aperto davanti. Era sempre abbinato ad una camicetta vaporosa, con alti collari e ricca di pizzi. In Italia verso il 1888 il «vestito alla mascolina» venne chiamato tailleur e questo appellativo fu scelto in ragione del fatto che tale indumento doveva essere confezionato esclusivamente da un sarto per uomo, che in francese era chiamato “tailleur”, per distinguerlo dalla sarta per donne chiamata “couturière”. La giacca del tailleur faceva un chiaro riferimento alla moda maschile, proponeva un taglio rigoroso e sobrio ed era questo il motivo dell’impiego del sarto per uomo, esperto nel cucire abiti maschili. Nonostante il nome francese, l’abito era originario dell’Inghilterra ed il modello era stato diffuso attraverso la Francia. Al tailleur nel giro di un decennio si affiancò una sua variante detta costume con giacca cioè un abito intero accompagnato dal bolero.

L’evoluzione della moda maschile

ABBIGLIAMENTO MASCHILE
Nell’800 il modo di vestire dell’uomo, protagonista della vita di tutti i giorni, divenne sempre più pratico riflettendone questa sua condizione; gli abiti divennero sempre più “seri” nelle stoffe e nei colori, dando origine a vestiti più semplificati e severi rispetto a quelli che avevano caratterizzato il Settecento. Elementi che caratterizzavano l’abbigliamento maschile dell’800 erano: la camicia, la cravatta, il panciotto, la giacca ed i calzoni. La camicia all’inizio dell’800 era ornata, come nel ‘700, dallo jabot cioè un volant di pizzo arricchito da piccolissime pieghette ‘a carta da musica’ che dal collo abbelliva tutto il petto.

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Con la progressiva scomparsa dello jabot le camicie furono chiuse in corrispondenza del colletto dalla cravatta che inizialmente era costituita da una lunga fascia di lino bianco che veniva annodata sul davanti dopo averla avvolta attorno al collo. I nodi della cravatta subirono un’evoluzione nel corso del XIX secolo che gradualmente la portarono verso forme più simili a quelle attuali. Nel periodo romantico al nodo della cravatta era tenuto in grande considerazione: saper annodare correttamente questo accessorio era considerato una vera e propria arte, tanto che nel 1828 fu pubblicato un testo, intitolato L’arte di annodare la cravatta. In questo volume venivano insegnati trentadue modi diversi di annodare la cravatta, accompagnati da illustrazioni. Il nodo era di tale importanza che non appena un uomo faceva il suo ingresso in un circolo, gli sguardi si fissavano solo ed esclusivamente alla cravatta il cui nodo veniva attentamente esaminato ed eventualmente criticato: da esso dipendeva addirittura l’ammissione o l’esclusione dal circolo.

Dopo una breve riapparizione dei calzoni alle ginocchia (culottes), che sopravvissero ancora per un certo periodo, si affermarono prima i calzoni lunghi stretti alle caviglie, mantenuti aderenti grazie alla presenza di staffe che passavano sotto la suola delle scarpe, poi sostituiti dai calzoni a taglio tubolare. Il panciotto fu un altro elemento caratteristico dell’abbigliamento maschile di tutto il XIX secolo, recuperato dopo la parentesi della Rivoluzione francese, che lo aveva abbandonato. Originariamente realizzato con tessuti ricercati e preziosi come il damasco o il broccato, poi bianco ed infine, al termine del secolo, confezionato con la stessa stoffa della giacca e dei pantaloni, in loro abbinamento. Grande importanza era riservata agli accessori: all’orologio da taschino, al cappello ed al bastone da passeggio. Questi oggetti, come gli abiti, subirono nel corso del XIX secolo un’evoluzione che li portò progressivamente verso forme più vicine a quelle attuali.

L’orologio da taschino era un oggetto che ad un uomo dell’Ottocento non poteva mancare, simbolo di eleganza era portato al taschino del panciotto ed assicurato mediante una catenella inserita nella prima asola dello stesso. Per i ricchi l’ orologio da taschino era realizzato in oro mentre per i meno abbienti era in argento. Il cappello agli inizi dell’Ottocento riprendeva il bicorno o cappello «alla napoleonica» in uso nel Settecento. Successivamente fu sostituito dal predecessore del cilindro, con corpo rastremato verso la cupola e poi dal cilindro vero e proprio. Negli anni ’30 il francese Gibus inventò un cilindro con molle al suo interno che permettevano di schiacciarlo e portarlo agevolmente sotto il braccio; negli anni ’60 in Italia un cappellaio, prendendo spunto da un avvenimento di cronaca, creò la Lobbia. Questo cappello presentava una piega in corrispondenza della cupola e riprendeva la forma del cappello indossato dal deputato Cristiano Lobbia il quale, al termine di un’aggressione subita, si ritrovò con il cappello schiacciato in corrispondenza della parte superiore. Alla fine del secolo comparve la paglietta, ossia il cappello di paglia e con il nuovo secolo si andò verso l’abbandono dei copricapi che caddero in disuso.

Il bastone da passeggio comparve dopo il primo decennio dell’Ottocento poiché inizialmente fu ripresa l’abitudine settecentesca di portare con sé una spada, utilizzata non solo come accessorio ma anche come strumento da difesa. Successivamente lo stocco fu celato all’interno della canna dei «bastoni animati», i primi bastoni da passeggio che divennero il nuovo ed inseparabile accessorio dell’uomo. Successivamente le canne dei bastoni furono realizzate in legno pregiato, le impugnature furono cesellate e realizzate in oro, argento o pietre preziose. Nel XX secolo l’abbigliamento maschile rimase pressoché invariato; la moda si mantenne ancora legata all’Inghilterra e i capi fondamentali rimasero giacca, pantaloni, gilet e cravatta. Come nel passato grande importanza era riservata agli accessori: alla cravatta che poteva essere annodata a farfalla, come oggi e fermata da una spilla. Nel 1900 i pantaloni furono caratterizzati dal risvolto all’orlo, caratteristica ripresa dalla moda inglese. Tale usanza nacque in seguito ad un episodio banale: l’allora re d’Inghilterra Edoardo VII, presente in un campo da caccia fangoso, si rimboccò l’orlo dei pantaloni per non insudiciarli. Gli uomini inglesi in breve tempo utilizzarono questo accorgimento tanto che i sarti confezionarono i pantaloni in questo modo.